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Pienone per "I Cani" al Duel Beat. Il report


Sembra un caso che abbia scoperto proprio oggi Savastano e la sua "Una canzone indie". Finto neomelodico che ci illumina sulla scena indipendente italiana. Qui il link al video. Ma non lo è. Anche perchè l'illuminazione è arrivata 24 ore dopo il concerto de "I Cani" al Duel Beat di Agnano, addì 8 aprile 2016.

L’evento è di quelli che si aspettano per tutta la settimana, forse anche quella precedente, con la stessa ansia di quando si aspettava l’orario di spacco al liceo dopo due ore di matematica. Lo si capisce già dal parcheggio che ci sarà il tutto esaurito.

La sala è gremita, la gente è distesa e rilassata, cocktail in mano e tanti sorrisi e selfie mentre io ho seria difficoltà a vedere facce di coetanei, in questo mare di appena ventenni. A differenza di altre date, non c’è il live di apertura Calcutta, quindi Nicolò Contessa alle 22 e poco dopo parte, finalmente accompagnato da una band degna di tale nome, con “Baby Soldato”, uno dei singoli che ha lanciato il suo terzo disco “AURORA”. Poi tutto di un fiato, si passa trasversalmente da brani dell’ultimo album ritornando al primo passando per il secondo: “Protobodhisattva” , Le coppie, Asperger, Hipsteria. La gente, balla, si commuove, giuro che ho visto alcuni piangere pure. E’ tutto molto bello, ma mi domando perché? Mentre ci ragiono, noto che Niccolò Contessa è molto lontano dal frontman timido ed impacciato quasi, dei primi album.

Tolto il sacchetto di carta della testa, si comporta ora come una vera rock star su un palco che lo idolatra mentre canta “Non c’è niente di twee” o scende verso un tono piu’ intimo con “Il posto più freddo”. Il cantante romano, oramai è consapevole di stare segnando, nel bene e nel male un solco nella musica indipendente italiana, creando il mainstream dove non dovrebbe esserci. E’ riuscito, ovvero, ad identificare con una certa precisione i mali e le ansie, con una vena leggerissima vena nichilista, di una generazione, ma quella dopo di lui. Mentre nel primo album e nel secondo album, erano i quasi trentenni che venivano descritti nei suoi pezzi, è con l’ultimo che inquadra il grosso della fetta del mercato indipendente giovanile, usando in pezzi parole come “zio” e raccontando storie adolescenziali, che i ventenni fanno loro, perché inspiegabilmente vedono quel periodo già con una certa nostalgia.

Era questo che non mi quadrava, ecco qua.

Il concerto si chiude con “LEXOTAN”, e mentre tutto il locale si sfolla, gli irriducibili cantano a cappella “COSA MI MANCHI A FARE” di Calcutta, il beniamino di Contessa. Sono curioso di scoprire quali scenari aprirà nella musica indipendente italiana il cantautore romano: nel frattempo mi godo i visi felici delle persone all’uscita.

Marco Trotta


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