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Sempre più pietre miliari. Il report della PFM a Napoli


live report di Giuseppe Piscino

PFM canta De Andrè, Teatro Palapartenope Napoli sabato 14/12

Il cantante e batterista della PFM, Franz di Cioccio, arriva sul palco e parla ad un pubblico di tutte le età, ricordando il 1978, la Mostra d’Oltremare…salutando chi c’era, in quell’altro concerto, di quella mitica tournee.

E lo spettacolo ha inizio con la stessa canzone che, una mattina di gennaio di tanti anni fa, vidi in tv, appena sveglio.

Era tardi, era un lunedì, ero a Genova. “Grande inizio di settimana” pensai, ascoltando proprio quella canzone, proprio con loro ad accompagnare il Maestro.

Tre minuti dopo seppi che era morto, la trasmissione di rai tre mandava il suo pezzo, ricordandolo così, con “Bocca di rosa”.

Due giorni dopo la sua morte, i funerali di mattina, mentre ero in alto mare e dopo un paio di settimane, di nuovo a Genova. Quel pomeriggio che arrivai al cimitero Staglieno, non ci fu nemmeno bisogno di chiedere. Mi avvicinai ad una donna anziana per sapere dove fosse la tomba e lei mi anticipò, accompagnandomi alla cappella della famiglia.

Ad ogni data del tour De Andrè più PFM, negli anni settanta, si iniziava cantando le gesta di chi, senza pretese, portava l’amore nel paese ed è stato lo stesso incipit di sabato 14 dicembre in quel di Napoli, nello stesso posto, dove anni prima avevo visto il Maestro in concerto.

Erano i concerti che seguivano il disco “Le nuvole” e lui cantava, parlava, suonava e fumava in un’esibizione magnifica.

E’ con questi ricordi, insieme a tanti altri della mia vita musicale che son andato a vedere il concerto della PFM, un gruppo storico delle note tricolori e non solo. Nella prima parte hanno suonato i pezzi di Faber, nella seconda i loro successi.

Nel gruppo non c’è più Mauro Pagani, ma Mussida, di Cioccio ed Djivas valgono e varranno sempre il prezzo del biglietto.

Questi signori hanno quasi settant’anni e sul palco, l’altra sera, non si sono risparmiati.

Di Cioccio non ha certo la voce di De Andrè ed i paragoni, in questo caso non si fanno, basta solo sapere che tutta la prima parte della serata, che comprendeva i pezzi del Maestro è scivolata via veloce, lieve, compatta nei suoni e non starò qui a far ingolosire i lettori, citando i tanti pezzi storici suonati per l’occasione.

In un qualsiasi concerto basterebbero tre sole canzoni dell’altra sera per andare a casa felici. L’incipit, già citato in precedenza, “La buona novella” a metà set e per concludere “Amico fragile” con Mussida a fare ciò che voleva con la sua chitarra.

Bastano queste tre perle? Possiamo aggiungere, se volete, una “Giugno 73” bellissima o “Il testamento di Tito” a dir poco immensa.

Evvabene questi son professionisti, gente che non si lamenta della pessima acustica o se il microfono ha il ritorno basso. Questi son signori che dopo aver registrato un disco con De Andrè, a fine anni sessanta, iniziano i settanta, suonando in un altro capolavoro…”Amore non amore” di Lucio Battisti.

Uno dei pochissimi gruppi a sfondare negli Usa con canzoni che a distanza di anni hanno ancora il loro appeal e non risultano datate. E poi, per far andare fuori giri tutto il Palapartenope basta il trittico finale: “Impressioni di settembre” “E’ festa” ed una versione chilometrica di “Celebration”. Quasi tre ore di concerto, senza un solo calo di tensione.

E’ vero, si ha gioco facile a scrivere bene di chi divide il palco, alla pari, con geni tipo Ian Anderson, ma la realtà è questa e quando si dà sempre fondo a tutte le energie possibili, regalando belle sensazioni, anche dopo quarantacinque anni di carriera, beh, significa che siamo in un altro pianeta. Abitanti di una galassia musicale, assolutamente non comparabile con la miriade di immondizie musicali che i vari canali di intrattenimento ci propinano un giorno sì…e l’altro pure.



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