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Neoclassici. Intervista a Lorenzo Kruger dei Nobraino

A pochi giorni dal live al Deja Vu di Pozzuoli ed a qualche settimana da quello all'Ecofestival di Nocera, quattro chiacchiere intelligenti con il leader dei Nobraino, qualche ora prima del concerto nocerino.

di Daniele Mazzotta

foto di Gianfranco Esposito

Se esistesse una classifica interamente dedicata agli animali da palcoscenico della scena musicale italiana, così come in passato ne sono state stilate diverse per le varie “Personaggio dell’anno” o “Artista rivelazione”, inutile dire che Lorenzo Kruger sarebbe in vetta. Nessuna paura, perché la musica italiana gli strizza già l’occhio e annusa il talento non solo del suo front man ma anche della band. Il Campania Eco Festival chiude con i Nobraino la giornata dedicata all’eco sostenibilità, alla greenlife e ai nuovi stili di vita, dove la musica si fa ancora propulsore ed elemento trainante. Il pulmino amarena che ci ospita non è comodissimo (non me ne vorrà il Kruger e il resto della band) ma aver disteso i piedi sui sedili anteriori, sebbene non mi abbia dato la sensazione di essere su un comodo divano, me ne ha offerta un’altra ancora più piacevole. Quella di sentirmi a casa, a chiacchierare con un caro amico che mi confida cosa vuol dire ritrovarsi a quattrocchi con Paolo Conte e a fare i conti con i tempi che corrono.

 

Qualche settimana fa mi sono imbattuto nella tua videointervista a Paolo Conte e ho saputo anche di un tuo tributo a quest’artista. Da lì mi è sorta la curiosità di capire quanta santità attribuisci a quest’uomo!

Per me lui rappresenta qualcosa di sacro. È uno di quelli che mi hanno segnato e sono rimasti sia nella mia vita che nella mia produzione artistica. Conte è un riferimento costante, per diversi aspetti e non solo musicali. L’intervista verteva sulla sua vita, non solo in quanto musicista, ma soprattutto in quanto uomo, scrittore e poi cantautore. Credo sia uno di quei personaggi che ha fatto una parabola perfetta. Nella mia breve esperienza mi misuro spesso con questa cosa e col fatto che devi continuare a mantenere alta la traiettoria, cosa per niente facile. Lui in quarantanni di carriera c’è sempre riuscito. Credo si veda chiaramente, dalle immagini, quanta soggezione mi abbia messo la sua persona, tanta quant’era la felicità di essere lì. Poi, generalmente, mi lascio andare molto alle emozioni, non filtro nulla, dunque non mi vergognerei nemmeno nel farmi vedere emozionato.

 

Allora facciamo così, prendo una tra le domande che hai fatto a Paolo Conte e te la ripropongo, soprattutto perché mi piace. Cos’è la modernità per i Nobraino?

Mi sembra di aver capito che la modernità sia uno spirito e credo, tra l’altro, che in questo momento ci sia una rincorsa forsennata al moderno. Io, invece, sarei per fermare un attimo il tutto, fare un po’ il punto della situazione e quindi rivisitare il bagaglio che abbiamo portato fin qui. Io sarei per un ritorno al neoclassicismo. Ecco, i Nobraino non fanno moderno, non sono avanguardia, sono neoclassici. Partiamo dai fattori culturali per poi riassemblarli, riciclarli. Fondamentalmente, ora, non penso si viva in un periodo moderno ma c’è un po’ quest’atteggiamento di imporre il nuovo alla tecnologia, un costante rinnovamento quotidiano, un frequente refresh. A me viene la voglia del contrario. Quindi diciamo che secondo me la modernità è un impulso e l’uomo ha sopravvalutato molti degli impulsi innati di cui è dotato. Vai!

Il cantautorato italiano, ultimamente, rimarca spesso lo stato sociale di decadenza sia economica che di contenuti in cui siamo caduti. Sicuramente molte di queste sensazioni sono sentite, altre non saprei. Insomma, a volte ho l’impressione che questo modo di fare musica faccia molto tendenza. Cosa ne pensi?

Per quanto mi riguarda credo sia impossibile sottrarsi a questo preciso momento storico. Prediligo una scrittura leggera e ironica, mi piace più far ridere che piangere. E’ anche vero che in questi ultimi anni mi sono ritrovato a scrivere cose un po’ più tristi. Ecco perché, dopo essermi chiesto perché le avessi scritte, poi mi sono risposto che se questa cosa accadeva era perché mi arrivavano impulsi ben precisi, sicuramente non positivi, da cui era impossibile scappare. E’ molto importante, però, non speculare su questa cosa ed essere sempre sinceri, onesti. Io sono dell’idea che uno spettacolo debba avere diversi momenti, anche tristi e nostalgici, ma anche molto ironici e gioiosi. I Nobraino fanno proprio questo.

Come suona Disco d’Oro?

Da Dio! Suona bene perchè è ha un suono tutto suo. La produzione nostra è un po’ anni 70 e intrisa di storielle anche se non mancano cose un po’ più strambe, più attuali, vedi Bunker. Tutti filoni che sono stati mandati avanti negli anni e nella nostra vita artistica. Se ascolti il primo e l’ultimo album allora noterai una certa corrispondenza tra i due estremi, nessun grosso salto di suono. E’ tutto abbastanza lineare. E chiaro che poi è la band a fare differenza con gli arrangiamenti e con la produzione del disco.

 

Sei democratico in sala prove? Sai com’è, sul palco prendi tutto lo spazio!

Assolutamente si. In sala prove ci si confronta. Ognuno ha sicuramente una visione ben precisa del brano e allora, a volte, chi lo prende in mano va libero, lo suona e tutti gli andiamo dietro. La bellezza di una band e il suo valore aggiunto è proprio questo, un confronto continuo e il piacere di fare le cose insieme.

 

Grazie Kruger.

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