Lo "scugnizzo" Liberato. Due opinioni differenti sul neorapper partenopeo


Chi è Liberato? Non parleremo di questo, ma del clamore e dell'hype che l'artista misterioso sta generando. Lo faremo pubblicando due opinioni diverse in due articoli.

Questa la prima, di Marco Trotta

Questo nome, “LIBERATO”, l’ho ascoltato per la prima volta ad un concerto qualche settimana fa. Tutti erano entusiasti delle sue due canzoni che aveva rilasciato, del suo alone di mistero, delle migliaia di visualizzazioni, di come fosse ecc. ecc. Ed io ho ascoltato ogni cosa, in silenzio ed incuriosito.

Il giorno dopo, ho acceso il pc, le casse ed ho fatto partire i suoi due pezzi, mentre cercavo qualcosa sulla rete. Ed un’idea, la mia, si è andata formando, oserei dire rafforzando.

Chi è Liberato?

Liberato è l’ultimo dei figli di un capitalismo musicale che sta infettando anche quella per anni è stata definita musica “indie”, ovvero un percorso musicale alternativo al mainstream delle radio, delle tv, a festival come quello di Sanremo.

Qualcuno ha fiutato, come direbbe Sergio Scozzacane, improbabile impresario musicale del libro di Gianni Solla, nuovi mercati, nuove piattaforme per allargare un business che si è dovuto reinventare dopo Youtube, Spotify, ed altro ancora.

La scelta già di Francesco Lettieri alla regia di entrambi i video, ovvero lo stesso che ha curato la regia di “COSA MI MANCHI A FARE” di Calcutta (tanto per capirci), non sembra una cosa né frutto del caso né low cost, anzi. C’è da credere che dietro ci sia una macchina ben oliata, pronta a sfornare una serie di cantautori con hit già pronte. I video girati a Napoli, in maniera ad hoc direi, rappresentano i luoghi di Napoli, gli scugnizzi di Napoli, il mare, il sole, le difficoltà. Impossibile non sentire un senso di appartenenza e quindi di fidelizzazione al personaggio. E a questo punto mi viene in mente solo di come la gente, ci caschi cosi facilmente ancora.


Ma cosa fa Liberato?

Liberato unisce un cantato napoletano, ad uno stile r’n’b e hip hop, in linea con quello contemporaneo che ormai, attivamente o passivamente, ascoltiamo tutti i giorni. Ma andiamo a vedere il ritornello di Nove Maggio, il primo singolo:

 “Nove maggio m'hê scurdat'

T'hanno visto ca' turnavi 'nziem' a 'n'at'

Nun me siente, nun me pienz'

Tengo 'o core ca' nun può purtà pacienz'”

 Ora se sta cosa l’avesse scritta Gigi D’Alessio, tutti avremmo storto un po’ il muso e avremmo gridato cose del tipo, che cazzo ti ascolti? Invece la mossa mediatica ha fatto si, che questo pezzo potesse piacere a tutti, proprio a tutti. A chi ascolta il pop, il neomelodico, al presunto intenditore di musica “indipendente”. Ogni cosa è studiata, ogni cosa funziona, il tema dell’amore che richiama il pop, la cantata napoletana stretta che richiama il neomelodico, ma anche la scelta del nome LIBERATO o dell’anonimato, e il far circolare questo nome anche in determinati circuiti, che abbraccia quella fetta di pubblico che riempie il Palalottomatica per ascoltare i THEGIORNALISTI. Quindi tanto di cappello a chi c’è dietro Liberato e la sua produzione, per aver capito tutto questo.

Il problema qual è? E’ che non si può far passare per “indipendente” un prodotto del genere, creato per compiacere le masse, e quante più persone possibili.

La musica “indie” nasce dalla sua volontà di sperimentazione, di portare novità e proiettare verso il futuro la musica. Nasce per dare pieno potere all’artista di esprimersi, osando quando deve o vuole.

Non necessariamente per creare un prodotto di nicchia, ma mai per compiacere un pubblico che gli possa dettare cosa suonare e come suonarlo. La musica non può nascere da un’indagine di mercato, dalle richieste del pubblico dettate da una visualizzazione.

Cosa dobbiamo a Liberato?

Liberato va benissimo, per chi vuole ascoltarlo, come musicista pop. Come si è liberi di poter amare anche Eros Ramazzotti se lo si vuole. Ascoltare i Pink Floyd e mettere Gigi D’Alessio quando si è tristi. Va bene tutto ed il contrario di tutto, finchè siano ben chiare le linee di confine.

Che sia ben chiaro a tutti la differenza tra chi fa musica cercando di apportare un messaggio, o un contributo ed un passo in avanti, a chi invece deve solo far arricchire un settore, per poi promuovere concerti sold out, ovunque. Se si vuole fare un parallelismo con il cinema, immaginate che tutti smettano di produrre o cercare di scrivere film di qualità, e ci trovassimo solo cinepanettoni tutto l’anno. Questo è quello che sta succedendo anche nella musica, i soldi e gli interessi stanno uccidendo quella piccola parte di mercato che ancora creava, o almeno ci provava, qualcosa di qualità. E noi e voi siete complici di questo, riempiendo le sale per Calcutta ma non andando ad ascoltare un musicista che non conoscete.

Ve lo meritate Liberato.


 E questa la seconda opinione, di Luigi Ferraro

Beat verace, estetica metropolitana, i vicoli di Napoli e l'autotune. Liberato ma chi si'? (chi sei). E perchè mai dovrebbe dircelo, ora che il suo anonimato sta funzionando alla grande? Due video pubblicati, "Nove maggio" e "TU T'E SCURDAT' 'E ME" con centinaia di migliaia di visualizzazioni e l'#LIBERATO (rigorosamente in caps lock, il caro maiuscolo) presente in tutti i post, thread, forum, discussioni. Roba fresca per qualcuno, classica operazione di marketing per altri. Riflettiamo: pubblicare un album (o un video) non è di per sè una mera operazione commerciale? Rassegnatevi, tutti devono vendere e far girare il proprio nome, specialmente nel 2017.

Tutto sommato cosa vi ha fatto di male Liberato?

Nulla, per ora. E poi è così bello assaporare la Napoli di oggi nei video di Francesco Lettieri: la città è questa, viva, verace, un mix tra la melodia classica e l'estetica urban. Basta camminare per le strade via Toledo in un qualsiasi giorno della settimana, fermarsi sulla balaustra del Banco di Napoli e osservare il passaggio e automaticamente prendono vita i video di Lettieri. L'amore, i cellulari, whatsapp, le 15 enni con le camicie di jeans e le dita che puzzano di sigaretta, magliette oversize, Adidas Superstar e la bandiera del Napoli. I baffetti pronunciati dei ragazzini, i tagli sfalsati e la passeggiata sul lungomare liberato. 

Conclusione: Per alcuni il rapper/neomelodico non ha inventato nulla di nuovo (ma chi ormai lo fa?), è solo marketing, è un neomelodico mancato, per queste cose già c'erano Ivan Granatino (all'inizio tutti pensavano fosse proprio lui) e Franco Ricciardi, non è la vera Napoli (non lo è, calmatevi, è solo una fetta della città, ci mancherebbe, mica tutti ascoltano il rap). Per altri, invece, Liberato è la cosa più bella capitata a Napoli negli ultimi 20 anni, ha "sciarmato tutto", è l'erede degli Almamegretta e dei 99 Posse, è il Frank Ocean di Forcella.

Fatelo decantare, come il buon vino, godetevi i pezzi o in alternativa mettete su altro. Senza rancore. Tanto, fra qualche mese, ne riparleremo.

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