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Speciale Neapolis Festival 2010

Live report del Neapolis Festival 2010: 15 e 16 luglio @ Mostra D'Oltremare, Napoli.

Completo celeste, cravatta e giacca, nonostante i 40 gradi, Mick Jones ha risposto a tutte le domande dei giornalisti. Era lì per i suoi Carbon/Silicon, progetto condiviso com Tony James (Generation X, Sigue Sigue Sputnik). E' stato un gran momento per il Neapolis Festival: la leggenda dei Clash, noti per la loro disponibilità e umiltà, era lì a ringraziare, sorridere, rispondere. ll giorno dopo Yann Tiersen rifiuta di parlare nella già programmata conferenza stampa perchè "non riteneva opportuno parlare con i giornalisti italiani".

Flashback: l'edizione 2010 del Neapolis Festival nasce senza appoggi istituzionali ("Si è preferito finanziare manifestazioni last-minute e senza qualità, snobbando un festival storico" fanno sapere dall'organizzazione) e come negli ultimi anni, nel segno dell'elettronica e della ballabilità. Parliamo ovviamente degli headliners (Jamiroquai e Fatboy Slim) mentre il resto del cast spaziava dalla new wave al rock, dal pop alla musica d'autore.

Oltre ventimila paganti (3/4 con Jay Jay) ed un caldo pazzesco (chissà che invidia quelli dell'Heineken a Venezia): due palchi, il mainstage ed il Redbull tourbus. Quest'ultimo un bus ri-adattato a piccoli live: idea carina, con sopra emergenti e realtà nazionali. l'ottima performance del romano The Niro, rock d'autore tra Buckley e la scuola inglese, falsetto e sudore. Spicca l'intensa "Liar". Stesso palco per i romani Velvet, redivivi e freschi con il loro rock and roll che prende in prestito dal pop d'oltremanica e dai Weezer.  Sul mainstage la dancerock nevrotica dei Does It Offend You, Yeah?, che alle di 7 sera e con un sole ancora bello cocente, fanno già ballare, in particolare il singolone "We Are Rockstars".

Does It Offend You, Yeah?

Intanto due giovanotti e due uomini attempati si accomodano in sala stampa: i Carbon/Silicon, leggi sopra. Altro che attempati: Jones e James rispondono alle domande dei giornalisti presenti, raccontano di come è nato il progetto (eravamo amici, all'inizio non avevamo nemmeno un nome), e sottolineano l'importanza del download (i Carbon/Silicon hanno reso disponibile il loro album sul web). "Non vogliamo essere più delle popstar", ironizza l'ex chitarrista dei Clash. Una leggenda, che ci confessa di essere fan di un certo Maradona. E qui a Napoli solo questo doveva dire. Poi salgono sul palco, non prima di avermi autografato "London Calling".

Sul mainstage i Carbon/Silicon propongono il loro rock che risente delle influenze clashiane (Jones ha composto quasi tutte le musiche della sua ex-band, mentre Strummer era l'autore dei testi). Spiccano "War On Culture" e "The Magic Suitcase". Poi il trittico finale, quasi sacro, composto da "Police On My Back", "Train in Vain" (l'ultima traccia di London Calling ed anche la migliore") e "Should I Stay Or Should I Go".

Carbon/Silicon

Poco dopo le 21, un'altra leggenda della musica inglese e new wave: parliamo dei Gang Of Four, maestri nel mescolare postpunk e new wave. Il forno a microonde distrutto con una mazza da baseball è il loro marchio di fabbrica. Potenti, spigolosi, precisi.

Abbastanza trascurabile il djset di Rob degli Stereo MC's (sarebbe stato meglio un loro live set), che non ha proprio una grande fantasia nel mixare i dischi in battuta. Meno male che dietro di lui c'è già Norman Cook, che delle r-evoluzioni musicali ne sa qualcosa. Dj, musicista, producer. Fatboy Slim sa come tenere a bada gli oltre 5mila presenti. C'è aria di festino (e i tanti accessori verde acido sono qui a testimoniarlo) e si balla. Djset che unisce i suoi grandi successi (Praise You, Rockafeller Skank, Right Here Right Now) a chicche (spesso anche kitsch) quali "Eye Of The Tiger" e sonorità brasilieire (come si dice a Napoli "è la sua nuova capata.

Fatboy Slim

Giorno 2, 16 luglio, fa ancora più caldo. Lo sanno bene i Trikobalto (con Marco Cocci) e la sorpresa californiana dei The Morning Benders. Indie-pop di qualità, ne sentiremo ri-parlare. Lunga conferenza stampa, tra risate ed incomprensioni linguistiche.

La gente continua ad entrare, sono ancora le 19 e come numero siamo al triplo del giorno precedente. Sul palco i Perturbazione presentano il loro ultimo (e bello) lavoro "Del nostro tempo rubato": perle cantautoriali, che unite ai loro vecchi successi, confermano la band piemontese come una splendida realtà dell'Italia non esterofila. In sala stampa hanno giurato di voler ritornare a suonare da noi, dopo qualche "problemino" con i promoter napoletani (strano, di solito è sempre tutto ok..)

Poi Napoli sul palco: prima gli Atari, duo elettroindiepop, che prima di chiudersi in studio, ci ha regalato tre quarti d'ora di pop elettronico di buona fattura. Come già scritto nei mesi precedenti, gli Atari sono maturati tantissimo, riuscendo ad abbandonare sonorità forse troppo inflazionate (tastierine anni 80) verso un sound più maturo stile Postal Service e Notwist. Seguono i 24 Grana, in procinto di partire per gli USA da Steve Albini (che mixerà il loro prossimo lavoro). Ovviamente l'accoglienza è calda, si gioca in casa: nonostante Di Bella & co. suonino frequentemente riescono ancora una volta a caricare il pubblico, tra il dub degli esordi alle sonorità cantautoriali (quasi Tiromancino) dell'ultimo "Ghostwriters".

Intanto in sala stampa, tra chi "twitta" e aggiorna il profilo FB (lo abbiamo fatto anche noi, pubblicando in tempo reale le foto), si aspetta Yann Tiersen, atteso per le 19. Non arriva nessuno e dall'organizzazione fanno sapere che, nonostante gli accordi, Tiersen ha annullato la conferenza stampa. Motivazione? "Non riteneva opportuno parlare con la stampa italiana". Ok, sono artisti, devono essere coccolati, se qualcosa va storto addio concerto, ma vogliamo sottolineare una cosa: in quella stessa sala stampa, 24 ore prima c'è stato Mick Jones. Ha risposto alle domande di tutti, ha firmato autografi, ha sorriso, ha ringraziato tutti (dai giornalisti al traduttore). I commenti a voi.

Yann tiersen

Sul palco Tiersen si presenta con una formazione allargata,  e del "Favoloso Mondo di Amelie" (della cui colonna sonora è autore) c'è ben poco. Violini elettrificati, muri di suono, synth. La classe c'è, l'accoglienza è però tiepida. Le decine di migliaia di persone aspettavano solo Jamiroquai, e non si sono sottratti nell'apostrofare Tiersen con parole oxfordiane.

Il prossimo album sarà pubblicato a Novembre, l'ultimo (Dynamite) risale al 2005. Ciò nonostante sono oltre in 15mila per Jay Kay e la sua band. Jamiroquai in grande spolvero, cappello piumato (indiani Irochi, da cui il nome) e tuta nera, dal vivo non si lascia desiderare. Esplode il suo jazzfunky house, che prende un po' in prestito da Stevie Wonder, un po dalla disco house. "Cosmic Girl", "Alright", "Little L", "Dance" e chicche lontane, come "Light Years" e l'inedito "Rock dust light star".  Poco acid jazz, tanta black music e house a sprazzi. Sudore e movimenti felpati.

Si chiude quindi la XIV edizione del Neapolis Festival. Venticinquemila paganti ed un bilancio più che positivo. Difficile organizzare qualcosa così a Napoli, rispetto per chi ci riesce. Il cast era di tutto rispetto, tanta storia (Gang Of Four, Carbon/Silicon) innovazione (Does It Offend You, Yeah), molta Italia (Perturbazione, 24 Grana).

Mentre si pensa già all'edizione 2011, sul web si invoca a gran voce un headliner rock, di quelli capaci di far cadere la Mostra D'Oltremare. Chissà.

Intanto, visita la nostra pagina FLICKR con la galleria del Neapolis: http://www.flickr.com/photos/campaniarock/

Luigi Ferraro

ps: Campania Rock vuole ringraziare personalmente Giulio Di Donna e lo staff di Freak Out, l'organizzazione del Neapolis, Mariangela Sellerino per la preziosa collaborazione, Peppe Guarino per lo stand del Rockalvi, Losthighways per i confronti rock and roll, Ettore di Radio Entropia per le sudate comuni, lo staff di Suonivisioni e del Caserta Rock.

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