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Abroad: rock dal mondo

La rumba napoletana di Manu Chao. Report e foto

Piazzale Tecchio, il sole è ancora alto. Picchia. Distese di birra, vino in plastica, cani antidroga. La massa è fuori, non varca ancora i cancelli, seduta a terra a bivaccare. Poi mi accorgo che ai varchi i cani antidroga ed i controlli serrati fanno "esaurire" le scorte a tutti prima di entrare. Dentro la festa è già cominciata dal primo pomeriggio, con tante band napoletane che calcano il palco della Mostra D'Oltremare, unica location ormai disponibile (buttala via..) per i concerti partenopei.

Oltre 13mila biglietti venduti in prevendita: il ritorno di Manu Chao a Napoli è già da tempo "evento dell'estate napoletana", al di là dei gusti musicali. Vi spiego più avanti. Una buona parte di noi era lì, 12 anni fa, in Piazza del Plebiscito, a ballare senza sosta la patchanka sonora di Manu Chao accompagnato da quell'incredibile ensemble che era Radio Bemba Sound System. Era il 31 agosto, un mese e mezzo dopo il G8 di Genova, ed il concerto era pregno di simboli, di significati politici. Le ferite erano ancora aperte, c'era ancora chi aveva la maglietta imbrattata di sangue.

Oggi poche bandiere del Che, meno lotta più pogo.

Però il colpo d'occhio già alle 19 è eccezionale: una fiumana di gente che entra. Una lunghissima festa: selezionati da Massimilano Jovine dei 99 Posse, sul palco si sono esibiti Masserie Mystical Reggae, Indubstry, Carbonifero e i sempre più maturi Sabba & Gli Incensurabili. Poi, come opening, i Foja (che stanno registrando il secondo atteso album) ma io riesco ad entrare solo a metà performance di Francesco Di Bella con il suo nuovo progetto "Ballads Cafè", accompagnato tra gli altri dal fido Fofò Bruno e Alessandro Innaro. Un live che capita poprio in un momento caldo per Di Bella, dopo l'annuncio (o meglio, l'articolo pubblicato da Il Mattino) sull'addio ai 24 Grana. Sul palco l'autore di "Resto Acciso" (eseguita) appare sorridente ed in gran forma. Nei progetti, un disco nuovo.

Tocca poi a Jovine far ballare il pubblico, tra un "O' Reggae e Maradona" e l'inedito "Napulitan" accompagnato da O'Zulu.

Alle 21 circa Manu Chao sale sul palco, accompagnato da Jean Michel Gambeat al basso (un indemoniato, con un look napoletanissimo grazie alla maglietta aderente del Che) dal chitarrista Madjid Fahem e Philippe Teboul alla batteria. Il nuovo spettacolo "La Ventura" non prevede fiati (escludendo la tromba in qualche brano) e la resa è completamente diversa dai vecchi tour di Radio Bemba Sound System. Più potenza sonora, meno patchanka, meno suoni e ritmi del mondo. Manu Chao, neocinquantenne, zompetta ancora sul palco (per oltre due ore, in puro stile Springsteen) come un matto e fa ballare (anzi pogare) gli oltre quindicimila presenti. "Por el suelo", "El viento", "La vida tombola", "Welcome to Tijuana" regalano al pubblico un effetto greatest hits. Dopo un po' purtroppo il sound appare leggermente monocorde: il sottoscritto è un grande fan della prima ora di Manu Chao, ma i troppi coretti uguali (vedi il refrain della canzone di Pinocchio ripetuta ogni 2/3 brani) sfociano nella ripetività.

Va meglio nella parte finale  con Madjid Fahem che introduce (chitarra classica) una "Clandestino" che ci riporta ai suoni fascinosi in cui mi perdevo quando, consumando l'audiocassetta dell'album di esordio dell'artista francospagnolo, sognavo ad occhi aperti la Spagna assolata, la cordigliera delle Ande, la Pampa argentina.

Resta però un interrogativo: eventi del genere a Napoli sono sempre più rari. I posti chiudono, la burocrazia schiaccia. Piazza del Plebiscito dopo Springsteen sembra non ospiterà più nessun concerto degno di nota, l'ex Italsider non è stata bonificata, lo Stadio San Paolo è out, il Palargento è sventrato. Bisognerebbe puntare di più sugli spazi della Mostra D'Oltremare, magari facendo ritornare anche il Neapolis Festival, che quest'anno si svolge nella bella, ma piccola, location dell'Arenile.

ps: un plauso alla scelta della sicurezza, che sottopalco "recuperava" i feriti o chi semplicemente voleva prendere fiato dal pogo, regalava acqua alle prime file, non ha mai abusato del proprio ruolo usando la forza come spesso succede.

Luigi Ferraro

si ringrazia Ufficio K e Nuvole Elettriche


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