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Abroad: rock dal mondo

Ma che bel castello. Il report del #Suo.Na

di Giuseppe Piscino e Luisa Ferrara

foto di Simone Celestino. Per la fotogallery completa clicca qui

Tralasciando le innumerevoli feste di piazza in Campania, il capoluogo sconta (repetita iuvant) una cronica mancanza di spazi per le varie arti e di un vero Festival musicale.

Il Neapolis dopo aver arrancato alla grande negli ultimi anni, si è trasferito in quel di Giffoni e così, bene hanno fatto i tipi di Ufficio K, Nuvole Elettriche e in collaborazione con CYC Promotions, mettendo su, in poco tempo il Suo.Na, festival di musica indipendente nel cortile del Maschio Angioino. Due giorni e tanti bei nomi indie del panorama nazionale.

Sabato 8 settembre è la volta di quattro gruppi. Julie’s Haircut, Lo Stato Sociale, Offlaga Disco Pax e Calibro 35. Progetti tutti nati nel Nord Italia (tre su quattro in Emilia Romagna) e se, per esempio il prossimo Pummarock, gioca in casa con 99 posse e 24 grana, dalle parti di piazza Municipio si è deciso di guardare altrove.

Ma bando alle ciance e mettiamo le cose in chiaro. C’era un bel po’ di gente che aveva deciso di esserci e partecipare con calore e partecipazione. C’erano gli Offlaga e per chi scrive non son stati una delusione, lo erano già dal loro primo disco. Una mescolanza triste tra Cccp Fedeli alla Linea e Massimo Volume. Evvabene l’avrete già letto o sentito dire, ma risulta evidente. Una brutta copia degli originali, il cantante Max Collini non ha né l’ispirazione di Mimì Clementi né la bravura di Ferretti e soci. Per quanto mi riguarda un concerto noioso, molto noioso.

Offlaga Disco Pax

Ho iniziato dal livello più basso della serata e proseguendo mi soffermo sulla stessa lunghezza d’onda, parlo dei bolognesi de Lo Stato Sociale. Arrivano in ritardo e non si fanno perdonare. Quando è uscito il loro ultimo disco l’ho ascoltato più volte. A fronte di un paio di episodi ben riusciti si scadeva nella mediocrità. Dal vivo tengono bene il palco: molta forma, anche troppa e pochissima sostanza. Un caravanserraglio prettamente inutile e dal basso del mio pensiero, consiglio ai ragazzi di visionare in rete un centinaio di ore di concerti dei Flaming Lips, per poi annotarsi come bravi scolaretti come si fa a giocare alle finte rockstar.

La serata, intanto, scorre bene, sarà che son contento perché Kim Ki Duk ha vinto il festival del cinema a Venezia e sarà anche perché i Calibro 35 hanno il migliore musicista presente al Suo.Na.

Enrico Gabrielli ha classe, padroneggia con arte un mare di strumenti e cerca andare sempre oltre. Spazia nei progetti più disparati e se Mike Patton, uno dei pochi geni musicali al mondo lo ha voluto con se per un tour mondiale, qualche motivo ci deve essere.

I Calibro ci sanno fare, son diventati un’autentica macchina del suono, incessante, continua, frenetica e la differenza sta proprio nella compattezza della loro musica. Conosciuti ed apprezzati anche all’estero, vanno avanti a testa bassa, muti e fieri.

Calibro 35

Dulcis in fundo… i Julie’s Haircut.

Il loro set dura più del previsto per il ritardo dei suddetti Stato Sociale. Il pubblico apprezza questa storica band del mondo indie italiano e non potrebbe essere altrimenti. Una ventina di dischi tra album e sostanziosi ep in 20 anni di carriera e centinaia di concerti in giro nei posti più impensati si notano tutti nella padronanza con cui suonano e si muovono on stage.

La band emiliana dal vivo prende per mano gli spettatori, portandoli in un mondo lontano dall’Italia, ad iniziare dalle sonorità non provinciali e c’è spazio anche per due brani suonati con Gabrielli. Quasi 15 minuti di improvvisazione e musica alta ed altra, da ricordare, sperando che il festival ci sia anche l’anno prossimo, riuscendo a trovare sponsor adeguati ed appoggi istituzionali e non.

# Secondo giorno

Settembre è proprio un bel mese, l’ho sempre pensato. Un clima non ostile e tanti nuovi propositi post-riposo/vacanze/viaggi. I festival fioriscono, e anche in Campania gli eventi si susseguono e spesso s’accavallano. Ma noi non ci spaventiamo, noi “provinciali” ci mettiamo in auto e ci facciamo anche un’ora di macchina e di traffico.

Ci prendiamo un trancio di pizza a volo sorseggiando una birra per strada, dopo aver parcheggiato “in culonia”. Tanto tra qualche chiacchiera e qualche disco il tempo vola.  Non ci spaventa nemmeno la fila per il biglietto. Siamo arrivati al Maschio Angioino, un panorama mozzafiato. Napoli è bella, è troppo bella, e quest’angolo di città ha dentro di sé un pezzo della mia vita, della mia gioventù.

Il Suo.Na ci aspetta, mi aspettano diverse ore di musica e nonostante il ritardo per la trasferta da Caserta, non mi abbatto. Mi faccio raccontare che cosa mi sono persa dalla gente che incontro mentre faccio un’altra fila per una birra. Sembra che siano stati puntualissimi nell’iniziare. Tanto di cappello agli organizzatori.
Gnut, Dellera, Paolo Benvegnù, Marta Sui Tubi e Dente, una bella scaletta, non meno di quella della sera precedente con Stato Sociale, Offlaga Disco Pax e Calibro 35. Ancora entusiasta dalla serata precedente cerco di farmi trasportare da un invecchiato e stanco Benvegnù, che soltanto due anni fa all’Atellana Festival mi aveva incantato con una performance magica, magistrale, perfetta, poetica. Ho purtroppo quasi avuto la sensazione che stesse “svolgendo il compitino”, l’avrei voluto “percepire” di più. Qualche brano del nuovo album “Hermann” e poi brani storici come “La tua schiena” e la fantastica “Rosemary’s Plexigas” che è sempre un colpo al cuore, un brivido di poesia.

Paolo Benvegnù


I siciliani Marta Sui Tubi irrompono sul palco con un entusiasmo da Palasport (perché mi fanno pensare ai Negramaro?) e un’esibizione viva e potente. Sembra essere il loro concerto, il palco gli appartiene. Fanno cantare e saltare, e ci raccontano anche qualche storia con ironia. Quanti bicchieri di birra beve una persona in media in un’intera vita? Sembra almeno mille, in media eh! E parte così “Di vino”, dall’ultimo album “Carne con gli Occhi”, e ancora altri due brani dal nuovo album “Muratury” e “Camerieri”. Infine ci regalano un pezzo che hanno inciso con il caro Lucio Dalla “Cromatico”. L’atmosfera si placa e si fa quasi commovente, nel ricordo di un grande di ineguagliabile bravura e grande umanità.

Marta Sui Tubi

Dopo una piccola pausa è il momento di Dente, l’ultimo artista previsto in scaletta. La folla sembra essere aumentata e la gente è ben carica. Dente con le sue canzonette d’amore fa sicuramente sognare, addolcisce, rasserena. Sa stare sul palco, è simpatico al punto giusto, fa ironia sul fatto che è lui l’headliner della serata. Del resto anche a me è parsa strana come cosa. Non penso sia certamente un fatto di importanza. Un Benvegnù non è certo da meno di un Dente. Anzi, a mio avviso, la qualità artistica di Paolo è superiore. Ma è un fatto di gusto e di numeri. Dente (oltre a vendere tanti dischi) regala ottimismo, buoni sentimenti, è orecchiabile, sincero. Forse in tempi di crisi è quello che la gente preferisce sentire, chissà. Mi ha colpito un ragazzo che dal pubblico ad un certo punto ha urlato: “Bravo Dente, hai fatto il tuo!”. Ecco sì, è proprio quello che penso anche io.

E’ così poco prima di mezzanotte è già tutto finito. La cornice suggestiva del cortile del Maschio Angioino si svuota, resta solo la fila per il bagno. Napoli è ancora viva, e noi siamo ancora carichi. Ci aspetta almeno una mezz’ora di camminata a piedi con la bella sensazione di aver vissuto, seppure con qualche imprevisto, due giorni di bella musica. Ci portiamo via con noi un po’ di nostalgia perché l’estate è al termine e con essa anche questi festival all’aperto che tanto ci piacciono e che aspettiamo tutto l’anno.

Ancora poche occasioni questo settembre, come il Bulbart Festival e il Rockalvi, e poi arriverà il freddo.
Grazie ai ragazzi del Suo.na, alle foto di Instagram proiettate sopra il palco, all’orso hipster e i suoi abbracci, ai panini imbustati a 5 euro e i distributori di caffè. Ci vediamo l’anno prossimo, si spera.

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