Sì, I Cani ci sono piaciuti

concerto de I Cani alla Galleria 19 di Napoli, domenica 4 dicembre

live report di Lorenzo Licciardi

Un gruppo hipster, indie, hardcore, punk e electro-pop: I Cani. Le categorie che la band romana sembra voler parodiare, in fondo confluiscono un po’ tutte nelle loro corde, come a dire, forse, che per prendere in giro un contesto bisogna viverlo dall’interno e farne o averne fatto anche parte. Fatto sta che fra i cinque “cani” che si sono esibiti domenica scorsa nella “Galleria 19” a Napoli, si potevano riconoscere un paio di pseudo-nerd magri e con gli occhiali o magari anche un ciuffo “emo” sul viso di un altro elemento del gruppo. Ma estetica a parte, la fusione di stili ha come risultato una musica pop e leggera per l’orecchiabilità, supportata dall’elettronica e vagamente punk-pop quando si fa più movimentata.  Dal vivo I Cani – che da one-man-band diventano un gruppo di ben cinque elementi – si spogliano un po’ delle melodie electro-pop che prevalgono sul disco, e pur senza privarsene restituiscono una performance più energica e aggressiva, a tratti quasi hardcore. La voce dello stesso Niccolò era spesso meno pulita e melodiosa rispetto a come il pubblico è abituato a sentirla sull’album e invece più grintosa e stridente. Tant’è che i molti teenager accorsi al concerto – come era prevedibile – si sono lasciati andare in un pogo piuttosto scatenato, saltando e gridando le canzoni della band.

 

L’apertura è stata un classico, I pariolini di 18 anni, che ha subito scaldato il giovane pubblico della “Galleria”. Il resto della scaletta ha visto in sequenza veloce tutti i brani più noti alternati ad altri meno famosi, passando per Hipsteria, Wes Anderson, Le Coppie. La vera sorpresa è stata una cover di Con un deca degli 883, in una riuscitissima versione hardcore, paradossalmente il pezzo più “forte” della serata, sfuggito purtroppo ai giovanissimi spettatori del concerto, ma graditissimo a chi è invece cresciuto negli anni ’90. Prima del finale il gruppo è rientrato dietro le quinte per tornare sul palco con i consueti sacchetti di cartone sulle teste, per poi lanciarli verso il pubblico e chiudere il concerto con il pezzo forse più conosciuto, Le velleità. Niccolò Contessa, frontman e cantante dei Cani, a metà canzone si è fatto prendere dalla foga dell’atmosfera e si è gettato in mezzo al pubblico, continuando a cantare anche quando lo hanno sollevato in aria per un po’ di stage-diving. Infine è risalito sul palco per l’outro e al termine del brano conclusivo ha salutato tutti con un “Grazie, buonanotte”.

 

Non è forse proprio il target a cui mirava Niccolò quello di minorenni con animo da fan, ma l’alto livello di fruibilità della musica che ha scelto di fare il fondatore dei Cani doveva lasciar prevedere un simile feedback. Ma al di là della pur fitta schiera di teens che avvolge l’immagine della band di Roma ma soprattutto popola i suoi concerti, la performance dei Cani dal vivo è assolutamente godibile, se si riesce a trovare un angolino senza ragazzini ubriachi che ti cadono addosso o che ti saltano sulle spalle. O se magari si decide di lasciarsi un po’ andare come ai bei tempi… o se a differenza del sottoscritto si è proprio in età adolescenziale. L’unica consolazione per i più vecchi – che storcono il naso quando i giovani sono troppo giovani e che in fondo sono afflitti dal passare degli anni – è stata proprio quella cover di Come un deca, inattesa quanto ben riuscita.

 

Insomma, I Cani saranno anche criticabili per una sorta di snobismo poco coerente, per la presunzione di certi spaccati sociali visti un po’ troppo “dall’alto”, per melodie vocali che ricordano troppo da vicino un cantautorato ormai abusato in Italia, o anche per una musica troppo elementare e pop. Eppure la sensazione è quella di una musica che non ha assolutamente pretese, e che per questo riesce a non deludere, anzi a lasciare decisamente soddisfatti; l’impressione è quella di testi acuti e ben scritti, senza la finta e vuota poesia di altri autori emergenti italiani (ogni riferimento è puramente casuale – v. testo di Velleità), ma con il dono della semplicità; il risultato, è quello di una band che senza dover gridare al miracolo sforna belle canzoncine, ballabili, divertenti, intriganti, orecchiabili, piacevoli.

Perché mai dovrebbe essere un difetto?