Le canzoni ostinate dei Verdena. Il report del "Wow" psichedelico

Live report di Salvatore Sannino del concerto dei Verdena al Palapartenope Club lo scorso 28 aprile.

Mancavano da troppo tempo nella nostra città. L’attesa si era fatta febbrile negli ultimi giorni, i biglietti quasi esauriti (gran parte delle date sono andate sold out in prevendita).

La Casa della Musica è piena, ci sono sia quelli che li seguono dagli anni 90, sia i ragazzini che li hanno conosciuti grazie agli ultimi album. I Verdena sono in piena forma. Le luci si spengono con Alberto seduto al piano per accompagnare l’andamento marziale di “Adoratorio”. Il concerto inizia e subito si capisce che i brani di “WOW” la faranno da padrone, del resto con 27 canzoni nuove è davvero difficile fare altrimenti. “Scegli me” è il nuovo classico e il coro dei presenti avvolge la struttura, tutti si scaldano per saltellare su “Rossella Roll Over”.
I brani di apertura scivolano via rapidi, senza estremo coinvolgimento, vuoi per la loro brevità, vuoi perché non sono ancora stati ben digeriti dagli spettatori. Sembra di assistere a qualcosa che vuole partire ma che non riesce a decollare, ma forse è perché nelle retrovie i suoni arrivano troppo ovattati e non colpiscono allo stomaco.
Il locale di Fuorigrotta è troppo grande e mal pensato per certe cose. Alberto si riappropria della chitarra e questo aiuta, insieme al tuffo nel passato di “Non prendere l’acme, Eugenio”. “Badea Blues” lo vede sorprendentemente al basso, mentre Roberta si appropria della tastiera, ma è sul prog-rock KingCrimsoniano di “Lui gareggia” che mi lancio nelle prime file.
E davanti è tutta un’altra cosa, la musica ti arriva allo stomaco. C’è un’energia diversa. Il concerto ingrana con “Canos” e subito dopo la psichedelia del nuovo disco si mette in mostra con un momento più intimo: “Letto di mosche”, “Canzone ostinata”, e l’ormai nota “Razzi, Arpia Inferno e fiamme” messe così, in fila, fanno rilassare gli animi. Sono pochi i minuti che precedono il devasto di “Muori Delay” e la tanto agognata “Valvonauta”. Il pogo si scatena.
I ragazzi sanno tenere il palco e nelle lunghe code musicali, Alberto e Roberta sono una cosa sola: si sbattono, si agitano, mentre, nelle retrovie, un grandissimo Luca picchia con fervore la sua batteria, sembra quasi stia combattendo una battaglia. Dal passato viene ripescata un’incendiaria “Logorrea”, poi ancora brani di WOW, da “Loniterp” fino alla bellissima “Miglioramento”. Un’intima versione acustica di “Morbida” chiude il concerto.
C’è tempo per il bis, perché la gente ne vuole ancora. Ed eccoli tornare sul palco, distribuendo “grazie” a destra e a manca. Le due parti di “Sorriso in spiaggia” precedono l’emozionante e perfetta esecuzione di “Il Gulliver” che, a tratti, si rivela davvero da pelle d’oca, tra deflagrazione e profondità. Probabilmente il miglior pezzo della serata. Non ci resta che andar via, accompagnati dalla coda malinconica di “Lei disse”.

Gran concerto, peccato che la lunga assenza dai palchi lasci in bocca la voglia di riascoltare qualche pezzo vecchio…ma non si può avere tutto e, per adesso, va bene così. Decisamente.

Salvatore Sannino
si ringrazia Overnuvolek