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Abroad: rock dal mondo

Jazz degno di not(e) con Head Project Trio

di Giuseppe Piscino

Artista: HEAD PROJECT TRIO

Album: HEAD PROJECT TRIO (OPERA PRIMA)

Uscita: 22 dicembre 2013

Genere: Jazz

edito e distribuito da Editrice Zona


Oggi, care lettrici e lettori scriviamo di jazz sperimentale. La cartella stampa cataloga in questo modo il lavoro del trio Head Project Trio. E così leggendo quelle due paroline, cosa ci volete fare, la mia mente è andata subito ad un inverno di tanti anni fa, passato quasi nella sua interezza ad ascoltare John Zorn e le sue composizioni ai limiti della follia.

Arrivato in quel territorio musicale dal lounge lisergico di un album dei Mr Bungle, mi c’ero soffermato, conquistato all’inizio ed ipnotizzato nel tempo seguente, nonostante una musica che definire “difficile” non rende l’idea. E così, con quel ricordo di un inverno da eroina, ho iniziato ad ascoltare il loro album, composto di nove esecuzioni.

Ecco, ascoltando e riascoltando il disco, toglierei la parola “sperimentale” dalla loro musica. Si tratta di jazz, suonato bene, con atmosfere notturne e sincopate che ben si sposano in ogni ambiente, dalle città metropolitane alle lande più desolate. Il gruppo è composto da Fabio Tommasone al pianoforte, Raffaele Natale alla batteria e Luca Varavallo che suona il contrabbasso. La parte dei campionamenti e dei synth tocca a Donato Cutolo Cutolo e siccome siamo ancora, nell’ambito delle presentazioni ricordiamo il missaggio di Marco Riccardo Musco ed il mastering di Vittorio Remino.

Ok, addentriamoci nell’album e poniamo l’accento sull’incipit. “Insert coin” evoca videogiochi anni ’80 in bar frequentati dalla peggio gente d’Europa…e chissà da dove è venuta l’ispirazione per creare questo pezzo dominato da un pianoforte che conduce le danze verso situazioni molto rilassanti.

Il preludio lascia spazio ad un trittico notevole; Slow heart beat, Luca's Break e My goddess son composizioni che non sfigurerebbero in una qualsiasi raccolta internazionale di jazz. Non è piaciuto, invece, il brano seguente. “Guardando ad E.s.t.” l’ho trovato ripetitivo, a tratti stantio e non saranno d’accordo i tipi che han stilato la loro cartella stampa, che per questo brano, scrivono di un omaggio a Esbjörn Svensson, pianista svedese deceduto anni fa ed evidenziano tempi dispari, poliritmie ed elettronica. Credevo, a questo punto di ascoltare un pezzo del miglior Zappa…ed invece son rimasto molto deluso.

La sesta e la settima traccia, “Look inside” e “On my head” risultano gradevoli ad un primo ascolto e più complesse in seguito. C’è chi ha scritto su altri lidi che quest’ultima canzone ricorda Jan Garbarek: ecco, per favore, lasciamolo stare.

Molto bella “Come l’aria del mattino”. E’ piaciuta parecchio, il miglior momento dell’album che va a cozzare con il pezzo finale di cui avrei fatto a meno. De gustibus, lo so, ma i brani che ne racchiudono, volutamente, altri non mi son mai piaciuti.

Repetita iuvant: non è jazz sperimentale, è un album da ascoltare, con immancabili alti e bassi, ma degno di nota su questo nostro sito.


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