Un lavoro da un milione di idee. "Ponte" de La Bestia Carenne

Recensione: La Bestia Carenne – Ponte

Immaginate Vinicio Capossela, Tonino Carotone, l'immancabile Manu di quelli che furono i Mano  Negra. Aggiungeteci una collaborazione con i più classici Guccini e De Andrè, riproponete il tutto in chiave molto più nostrana, senza dimenticare di strizzare l'occhio a Roy Paci ed ai Modena City Ramblers.

Fate esplodere tutto da una radio valvolare abituata a trasmettere solo musica popolare del sud-Italia, immaginando che anche le macchine abbiano una sorta di memoria, di abitudine.

Scomponete il tutto, mischiatene i pezzi a caso, dopodiché sistemateli secondo il vostro ordine personale, secondo quello che per voi è il modo perfetto. Ecco Ponte, ecco La Bestia Carenne. Partorito da un entourage di artisti (Giuseppe di Taranto, Luigi De Cicco, Antonello Orlando, Vincenzo Ippolito e Paolo Montella) più che eclettici, questo album si pone a metà tra un EP ed un LP a tutti gli effetti, sette brani, cinque artisti, un milione di idee e tutte buone, in un continuo rincorrersi, raggiungersi e lasciarsi andare con la consapevolezza che non sarà l'ultima volta.

Tante sonorità, senza la volontà di arrendersi comodamente ad una immobilità stilistica, proponendo brani completamente diversi, almeno sotto questo aspetto. Così si passa da un Ramblersiano giro di tromba da “...e da Mosca è tutto” ad un pacato “Il morbo di Parkinson” (che a tratti fa ricordare il lato dolce e tranquillo de Il Pan del Diavolo), dall'eccezionale potenza espressiva di “La più bella della città” (di Bukowskiana memoria, probabilmente la migliore dell'intero disco) all'apparente leggerezza di un “C'è un signore che”.

In definitiva, un ottimo lavoro, ben curato e ricco di momenti  ad alto trasporto, da ascoltare con calma ma che, è evidente, suggerisce un alto potenziale anche per la fruizione dal vivo. Se non ci credete cercateli su Soundcloud.

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A. Alfredo 'Alph' Capuano