La luce eterea degli Staframes: leggi l'intervista

"Ethereal Undeground" è il nuovo album della band napoletana, con il cuore a Londra. Tra psichedelia e dreampop, gli Staframes affrontano grandi temi come l'anima e la sua consapevolezza. Leggi l'intervista di Luisa Ferrara al cantante Rapahel Bramont.

Ethereal underground: un nome un progetto. L’etereo e il metropolitano, due concetti che dovrebbero essere opposti di per sé, ma che nell’ultimo disco degli Starframes sembrano congiungersi armonicamente. Viaggiando in atmosfere d’un rock sognante ed elettrico/elettronico al contempo, sembra, ascoltando questi 10 brani, di volare dagli anni 60-70, passando per i 90 fino ad oggi.
Una voce graffiante e dolce quella del frontman, un disco sicuramente diverso da quello precedente del 2009 “Street Politics” forse più maturo, o semplicemente con una direzione diversa. Più melodia e meno rumore garagesco, una psichedelia meno dura e più sognante, come un trip delicato.
Un viaggio dalle origini: si parte con il primo brano, per l’appunto un riflessivo “Origin”, ci si scatena con “It moves like the world spins around”, si sogna un po’ attraverso le nuvole di “Cielo Drive”, e di “Aurora Borealis” fino ad un finale tempestoso e piovoso, un arrivederci malinconico con “I’d never want you say goodbye”. Tanto per nominare qualcuna delle 10 tracce…

Ma chiediamolo proprio al cantante, in arte Raphael Bramont, quali sono queste origini e qual è il significato del viaggio di questo disco… si può parlare di concept album?
Non nel senso stretto del termine. Non c’è una storia con personaggi fissi che si evolvono di canzone in canzone, bensì una dimensione, un luogo comune.
Lo scenario è molto diverso da quello del primo disco, dove eravamo fortemente influenzati dalla città in cui viviamo. Qui non c’è città, né costituzione. Si sta tra la vita e la morte. Tra veglia e sonno, quando i problemi quotidiani assumono proporzioni molto limitate rispetto a questioni più grandi e antiche. Il sound ottenuto è una diretta conseguenza delle tematiche affrontate. L’underground etereo è una luce che nasce dal buio. L’anima che acquista l’autoconsapevolezza. E’ il prigioniero platoniano che perviene al mondo delle idee.  

Non solo britpop, mi verrebbe da dire… quali sono le influenze che hanno permesso questo passaggio?
Siamo dei grandi ascoltatori di psichedelica. Dal garage anni ’60, fino ai giorni nostri, passando, e soffermandosi un bel po’, sulla Paisley Underground, movimento che prese piede nella California degli anni ottanta. Tra le band attuali stimiamo molto BrianJonesTown Massacre e Arcade Fire.
La nostra ricerca musicale è stata portata in studio di registrazione e portata allo stadio di evoluzione prefissato in collaborazione con il nostro produttore artistico Silvio Speranza.

A breve saranno in Italia gli Arcade Fire, ci andrete?
Ci piacerebbe tanto, ma non te lo saprei dire. Siamo persone che, ovviamente, lavorano oltre a fare musica. Deve essere per forza così, perché l’arte non è remunerativa. Anzi, bisogna investire semplicemente per produrre qualcosa da esporre senza vendere.
Penso molto a questo aspetto e ritengo sia un peccato per una problema di fondo. Troppo poco tempo per pensare, immaginare, sognare, evolvere. Tutto questo, ovviamente, ha avuto un contraccolpo netto sulla qualità delle produzioni.

A quanto pare però avete avuto il tempo di venire a girare un video proprio a Caserta… quattro ragazzi napoletani, la cui musica sembra non aver nulla di partenopeo, che restano qui, al sud, che lavorano e suonano dove sono cresciuti, dopo aver iniziato con un’esperienza all’estero.
In clima di festeggiamenti per l’Unità, quanto vi sentite italiani e quanto del sud? Quanto vi ha dato esserlo, e quanto vi ha tolto? Se le domande che ci poniamo nella vita, quelle esistenziali, quelle su grande tematiche, partono comunque anche da come viviamo nel contesto in cui siamo, quanto c’è della vostra storia e della vostra vita in questo album?

Probabilmente non avremmo mai composto musica se non fossimo vissuti a Napoli e non di certo per le sue bellezze, bensì per la sua fase particolare. Negli ultimi anni, oltre alla crisi economica, c’è anche una forte crisi culturale. Ciò ci ha resi decadenti nel senso letterario del termine. E’ proprio il non riconoscersi nella società che porta a fare arte, perché dobbiamo cercare di creare con la mente ciò che vorremmo intorno, i dialoghi che vorremmo avere. L’essere minoranza dà forza, è da un sentimento negativo che nasce il pensiero sommo.



Concetto di arte accostato a saggezza e filosofia… è necessario il caos, la “distruzione”, per avere una rinascita? Quanto, secondo voi, questo decadimento culturale penalizza la musica e i giovani musicisti come voi? Vedete spiragli, se ve ne sono? (ps: avete per caso visto Sanremo?)
Esattamente. I punti di riferimento veri si ricercano quando non se ne hanno. Probabilmente nella società attuale ci sono troppi problemi nell’immediato e nel quotidiano per pensare ad altro, ma il miglioramento della condizione prevede ambedue le cose. Non c’è rivoluzione sociale senza una rivoluzione culturale.
Per i musicisti, così come per chiunque possa essere definito “artista”, la situazione è doppiamente critica. Essi non sono visti più come la rappresentanza illuminata di una generazione, ma acquisiscono un ruolo importante solo quando si dedicano al puro intrattenimento.
In questo contesto, chi cerca di mandare un messaggio e si dedica alla sua arte con passione, preferisce non lottare per questi spiragli. Sono dedicati ad altre forme di spettacolo e Sanremo, fatta eccezione per l’intervento di Benigni, si colloca in questa categoria.

Leggendo i testi, si evince la presenza di un amore universale per tutte le cose, per il mondo e per quello che ancora non si conosce. Ci sono riferimenti ad amori “terreni”, o sono solo ideali?
No, non ci sono riferimenti terreni. L’amore nei nostri testi è completamente idealizzato e puramente contemplativo. Le donne interlocutrici a cui ci riferiamo sono in realtà degli ideali.  Non c’è forma d’amore più bella di quella persistente nel corso del tempo.  L’unica forma che perdura è quella non legata alla materia, ma alla mente. Ci si può innamorare di qualcosa in cui ci si rifugia quando la realtà è amara, ci si può innamorare di un’idea, di un’esperienza, di qualcosa che provenga dalla tua anima o da quella di qualcun’ altro e non necessariamente di una persona.
E’ in questo concetto che è sintetizzata la grandezza della sensibilità umana, che può proiettarci in dimensioni diverse e più accoglienti senza muovere un passo.

In fondo questo è un pensiero positivo, sembrate quasi fiduciosi. La chiave può essere una sorta di karma positivo, un atteggiamento rinnovato nei confronti del mondo?
Credo che sia il modus vivendi da assumere. Bisogna credere molto di più nelle proprie potenzialità e relazionarsi al prossimo con atteggiamento più sereno. In fondo, di religione in religione, passa sempre il messaggio che siamo quanto più di vicino al divino. L’auspicio e lo slogan da evidenziare sarebbe “meno corpo e più anima”.

Bene, ottimo auspicio direi, spero coinvolgerà anche i nostri lettori. Ma parliamo di progetti concreti... oltre al video in uscita (quando lo vedremo?), che ci dici del vostro tour in corso? E della collaborazione con BulbArtWorks?
Il video è pronto e chiuso. In questi giorni ci sarà un evento particolare per l’anteprima, in quanto artisticamente è tra le cose migliori che si sono viste a Napoli negli ultimi anni e di questo dobbiamo ringraziare, oltre che noi stessi, anche Nicola Di Roma e Vittorio Guidotti, che hanno curato la regia, e tutto il loro staff di trucco – parrucco - ingegneria. Eh sì.. perché dietro certe immagini ci sono studi minuziosi sulla caduta dei gravi. Ma non voglio svelare altro.
Il tour che abbiamo cominciato toccherà un po’ tutta l’Italia. In questi mesi suoneremo soprattutto nel meridione e ci aspettiamo risposte molto variegate da parte di chi ci ascolterà.
BulbArtWorks, oltre ad essere la nostra etichetta, cura anche le date, l’ufficio stampa e la promozione. Sono tre ragazzi che amano la musica come noi, ma con lo spirito collaborativo e la passione si possono ottenere i risultati prefissati e alcuni di questi sono già in tasca. Sarà un anno duro, ma questo è il genere di storie che ci piace vivere. E raccontare.

Allora vi auguro un gran tour e tanto successo! A presto dal vivo, semmai.

Ricordo ai lettori/ascoltatori che tutte le date di marzo, aprile e maggio le troverete al link  http://www.myspace.com/starframes.
Per ulteriori info sugli Starframes, collegatevi al sito http://www.starframesband.com/

Luisa Ferrara